3 febbraio 2013

Dai diventiamo amici


Uscire per cenare è un'azione piuttosto comune e in una grande metropoli (soprattuto quelle orientali) non è strano cenare da soli (cosa che farebbe inorridire qualsiasi italiano medio, noi se non lo facciamo in gruppo non siamo contenti), perché magari non ne hai mezza di cucinare o perché non hai la cucina a casa o perché mediamente mangiare fuori può costare di meno che fare la spesa. 
Dato che spesso esco tardi dal lavoro e non ne ho davvero mezza di cucinare mi capita di fermarmi in qualche ristorante (dove con al massimo 10 euro mangi abbastanza da arrivare a casa che fai fatica a respirare) che di per se è un'informazione di cui chiunque farebbe volentieri a meno, però la cosa divertente ed interessante è che una semplice cena può trasformarsi in un occasione per fare nuove amicizie (e dio solo sa quanto io ami essere impezzato da sconosciuti) soprattuto se sei occidentale.
L'ultimo di questi episodi in ordine di tempo mi è successo un paio di sere fa. Mi sono fermato in un ristorante giapponese in Donghu Road (ma chissà come si chiamava). Mi siedo al tavolo e comincio ad ordinare. Era uno di quei ristoranti fatti a corridoi dove i tavoli sono all'interno di stanzette che si chiudono con porte scorrevoli, ma dove puoi tranquillamente vedere gli altri tavoli perché le porte sono praticamente trasparenti. Mentre aspetto il mio cibo mi accendo una sigaretta (perché qui si può fumare nei ristoranti, SI! SI PUO' FUMARE!) e noto che nel tavolo di fianco al mio c'è un'altra persona che sta cenando da sola. E' un uomo sulla quarantina, e non è una di quelle persone che ti azzarderesti a definire pulite ne tanto meno mi sarei permesso di pensare che potesse essere docente all'università del bon ton (il suo posacenere era piano di rimasugli di cibo e sputo). La fortuna ha voluto che proprio in quel momento il suo sguardo dapprima preso nei meandri del suo cibo si posasse su di me trasformandosi da affamato a curioso.
Era chiaro cosa stava per succedere, così ho provato a distogliere lo sguardo nella vana speranza che questo bastasse a fermarlo.

-Where are you from?

Non potendo fare altro che rispondere mi sono ritrovato ad affrontare una di quelle conversazioni che vorresti non aver mai iniziato. Lui comincia (chiaramente) a raccontarmi la storia della sua vita alla quale io risultavo particolarmente interessato, per poi definirsi un eroe dal momento che stava cenando e bevendo gin tonic dalle 5 di pomeriggio (il suo fegato e il suo stomaco aspergevano nell'aria una grande allegria) ed erano le dieci di sera. Come spesso capita in questo paese lui ha cominciato ad offrirmi sigarette ogni 10 secondi per farmi provare tutte quelle che aveva, aveva 5 pacchetti di 5 marche diverse e ci teneva proprio a farmele provare tutte (di seguito possiamo vedere una diapositiva della marca che come design ha vinto su tutte). Dopo aver notato che stavo bevendo una tristissima birra (e me lo ha detto con aria schifata) ha pensato che fosse il caso di iniziare ad offrirmi anche dei gin tonic. Sigarette e cocktials gratis. Non sono scemo. Lui a quel punto era ufficialmente il mio miglior amico.
Dal mio terzo gin tonic (il numero 15 per lui stando a quel che diceva) la conversazione si è fatta un po' confusa ed impastata, soprattutto da parte sua. Io continuavo a rispondergli solo si o no e a ridere quando lui rideva uscendomene con quelle frasi tipo "oh my god" o "really?" e tutte quelle cose che si dicono quando non stai ascoltando, ma che dici giusto per non perdere i gin tonic e le sigarette.
Finito di cenare (con un occhio aperto e l'altro un po' meno) mi congedo salutandolo, nella speranza che quella fosse l'ultima occasione in cui lo avrei visto.
Giusto davanti al ristorante c'è un 7-eleven dove io decido di fermarmi per prendere una bottiglia d'acqua. 
Siccome le leggi della sfiga non sbagliano mai, uscendo me lo ritrovo davanti alla porta del 7-eleven che mi aspetta tutto contento e barcollante. Mi dice che mi deve assolutamente far vedere i tavolini in legno e pietra dell'hotel li a fianco che è uno degli hotel più vecchi di Shanghai. 
Una persona normale a questo punto si sarebbe divincolata trovando una scusa, io però ho pensato che forse nella hall dell'albergo magari c'era un bar, così l'ho seguito.
Con mia immensa delusione il bar non c'era e 'sti tavolini non erano poi un granché , così dopo aver scroccato l'ennesima sigaretta, mi sono congedato per la seconda volta. Questa volta però lui non dev'essersene accorto perché ha continuato a parlare alla mia sedia anche mentre io stavo uscendo dall'albergo. Suppongo che abbia dormito appollaiato su quella sedia.

Trovo meraviglioso il fatto che in questo paese tu possa semplicemente uscire di casa e incontrare gente, ma soprattuto gente che ha una voglia matta di offrirti da bere così giusto perchè hai la faccia simpatica.
Da dove vengo io facciamo fatica a dire buongiorno al nostro vicino di casa ed è piacevole trovarsi in un posto in cui puoi parlare con estraneo giusto per il gusto di farlo, certo sarebbe più piacevole se non succedesse tutti i giorni o se ad una certa mi lasciassero un po' tutti stare, però questo credo che sia più un problema mio.



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